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Collezione Bottega

Made in Cloister

La collezione Bottega nasce nel 2015 come progetto collaterale della Fondazione Made in Cloister, quando, durante la fase dei restauri del chiostro, è stata fatta la prima mappatura degli artigiani del centro storico di Napoli. La vocazione del fare, storica del Chiostro e della città di Napoli, è diventata l’anima del progetto Bottega che ha come obiettivo la valorizzazione del know how artigianale e del territorio.

Un progetto di Design Artigianale in cui artisti e designer internazionali entrano in contatto con l’area di Porta Capuana e con gli artigiani campani creando oggetti realizzati in serie limitate che uniscono la creatività contemporanea alla sapiente manifattura eredità delle antiche tradizioni artigiane.

Oggetti che trasmettono una bellezza a tratti nostalgica, eco di un passato, di una tradizione oggi ancora viva e che trova dinamicità nel linguaggio dei segni e nelle incursioni della visione contemporanea degli artisti.

L’esposizione è un excursus che racconta il rapporto che gli artisti/designer hanno costruito con il territorio attraverso le opere site specific e con gli artigiani attraverso gli oggetti artistici che ne sono il risultato.

Un racconto delle tre relazioni che definisco il progetto Made in Cloister: la relazione tra artista-artigiano, la relazione artista-spazio e la relazione artista-territorio. Il percorso dell’esposizione non segue una lettura lineare ma circolare, legata piu alla dimensione dinamica del divenire, che alla staticita’ partendo e concludendosi con la relazione con gli artigiani.

Il percorso è introdotto da due vasi: Nausicaa (ceramica) di Mimmo Paladino e l’Alzata Napoletana (porcellana) di Marcello Panza.

I vasi, diversi per materiale e forme, raccontano entrambi di un percorso di ricerca ed apprendimento mutuale in cui l’artista non condivide con l’artigiano il solo progetto, ma si impegna a diventare egli stesso conoscitore intimo della materia.

Ed e’ proprio la materia uno degli elementi fondamentali del linguaggio di Paladino, una materia, la terra, legata al territorio sia per origine quanto per significato artistico. È il passaggio fisico e mentale del Sud Italia, pieno di frammenti più che di immagini definite.

Per l’artista la scultura è un mezzo che amplia il nostro immaginario di sensazioni e di evocazione di mondi e di oniriche realtà. Il vaso infatti, oggetto di millenaria tradizione, è parte di una serie dedicata ai personaggi dell’Iliade e dell’Odissea con richiami formali irriverenti e giocosi, con connotati che caratterizzano in questo caso il personaggio di Nausicaa. La cultura visiva di Paladino nasce da un’idea di stratificazione, con immagini figurative e non, talvota anche decorative e minime.

L’Alzata Napoletana di Marcello Panza, realizzata con l’artigiano Pasquale de Palma, e’ invece un polarizzatore di attenzione. L'architettura del fusto è costruita con manici assemblati, tanti e diversi, ottenuti da calchi di manici antichi trovati o cercati nei mercatini. L'armonia è nel caos del groviglio. Ogni manico porta con sè la memoria del vissuto di chi lo ha toccato, oggetti ormai dismessi appartengono ad un tempo passato. Panza li ha sottratti all’oblio. Nobilitati ed arricchiti, parlano il linguaggio dell'arte.

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Collezione Bottega

Made in Cloister

L’esposizione continua con un dipinto inedito che l’artista Natee Utarit ha dedicato alla Fondazione, una “mappa” del centro storico di Napoli che ,come la collezione Bottega e, per esteso, la citta di Napoli, è stratificazione di stili e visioni, di antico e moderno. L’opera infatti è ripresa da un’antica mappa del diciassettesimo secolo sulla quale l’artista innesta segni del passato (la grande figura greco romana che come un Cicerone indica il centro storico) e del presente (il landmark caratteristico di Google Maps che indica il Chiostro di Santa Caterina a Formiello).

Continua il racconto dell’artista thailandese fra influenze passate e presenti, con la serie limitata dedicata al Tavatimsa, uno dei principali mondi che compongono la cosmologia buddista. Il lavoro svela la stratificazione piu’ recente: quella dell’artista e delle sue radici orientali che si mescolano a quelle occidentali in un rapporto di reciproco arricchimento culturale. Le tre immagini infatti riprendono tre diverse antiche stampe ritrovate dall’artista da un antiquario del centro storico di Napoli raffiguranti un’architettura rinascimentale nella quale vengono sapientemente inseriti i simboli della cultura buddista.

Solitario sull’ultima parete del braccio il “Disinganno” acquaforte su rame di Nicola Samori.
Il titolo fa esplicito riferimento all'omonima scultura in marmo di Francesco Queirolo conservata nella Cappella Sansevero di Napoli raffigurante un uomo avvolto da una rete che cerca di liberarsi.
Nell'incisione protagonista è il "Drummer" esposto nel cortile della Fondazione Made in Cloister, replicato senza piedistallo e coperto da un groviglio di filamenti robusti dai quali il corpo acefalo tenta di liberarsi.

Il modello della scultura monumentale è stato, infatti, ritratto nel momento in cui i filamenti di pittura ad olio staccati dai dipinti che nella mostra "Black Square" fronteggiano il "Drummer" hanno iniziato ad accumularsi sul suo corpo. Un episodio del tutto casuale, fra gli innumerevoli che segnano i tempi del lavoro in studio, che ha tuttavia stimolato il demone dell'analogia riportando alla mente il virtuosistico gruppo marmoreo napoletano. La profonda morsura del rame ha intensificato i neri, generando una fusione indistinguibile fra la ragnatela dei segni che generano l'immagine e quella dei segni/filamenti che la nascondono.
A seguire un lungo passo indietro nella cronologia della produzione artistica Made in Cloister, fino al suo esordio con la mostra site specific di Laurie Anderson “The Withness of the Body”. La serie di dipinti “Dream Drawings”, realizzati a Napoli, sono esposti proprio nel porticato dove l’artista nel 2016 ha voluto lasciare una traccia del suo “passaggio” realizzando un affresco contemporaneo.

Le opere rappresentano una specie di diario, un modo di sperimentare la pazzia e di osservare la propria mente, frasi e pensieri estrapolati dalla “mente-scimmia”, quella parte di pensiero che, come la scimmia, salta da una parte all’altra senza una meta. Le opere erano inizialmente pensate per essere affisse, successivamente, per favorirne una migliore lettura all’interno dello spazio, sono state trasformate e ricontestualizzate come un marciapiede. I disegni rappresentano perfettamente la relazione dell’artista con lo spazio, uno spazio che possiede una sua identita’ e con cui l’artista ha la necessità di dialogare. Nel caso di Laurie Anderson si e’ trattata di una relazione fisica, carnale con il Chiostro dipingendo, scrivendo e toccando ogni parte dell’architettura.

Questo legame tra artista e spazio diventa invece tematico con le opere di Liu Jianhua, esposte nell’area sottostante la lanterna borbonica. La serie Untitled 2018, è composta da di 19 vasi in vetro riempiti con fiori in porcellana bisquit realizzati dalla scuola di Capodimonte e materiali vari che richiamano il territorio di Porta capuana: frammenti di tufo, piperno, sabbia, cemento e chiodi. Materiali duri, da costruzione, che fanno da contrasto alla fragilita’ ed eleganza della porcellana che diventa simbolo dell’umanita’ che vive a Porta Capuana.

Come in un ciclo interativo, il racconto continua tra le arcate cieche del chiostro con la serie limitata Lady Day di Liu Jianhua che ritorna al tema della relazione artista-artigiano. La serie è composta da quattro monocromi in Porcellana con una tecnica che unisce la tradizione della settecentesca porcellana di Capodimonte con quella cinese risalente al VI secolo di Jingszhen. La relazione dunque è nuovamente reciproca, artista e artigiano scambiano le loro conoscenze, costruendo un’opera tanto bella quanto fragile.

Nell’ultimo porticato i piatti in Ceramica di Mimmo Paladino ed i tavoli Cenacolo, entrambi edizioni limitate della collezione Bottega Made in Cloister. Sanniti, Logobardi, Normanni Aragonesi, Borbone e Piemontesi. Una galleria dedicata al racconto del millenario accavallarsi di genti, tracce, strati e segni senza i quali sarebbe impossibile capire l’opera di Paladino. da questo patchwork in epoche, stili, frammenti, tenerezze e cupio dissolvi che affiorano le sue invenzioni psicoanalitiche: la maschera, lo scudo, il cavallo, il dormiente, la porta e l’elemo.

La collezione Bottega si conclude nel Refettorio con le incisioni di Harry Pearce che racchiudono in sé i tre legami di cui si è parlato finora e rappresentano la chiusura del ciclo. Chiusura che e’ inizio sia figurativamente che letteralmente in quanto la serie di incisioni “Poetry in the Streets of Naples” rappresenta la prima edizione limitata della collezione. Le opere nascono dalle foto che il Graphic Designer Harry Pearce ha scattato nel quartiere di Porta Capuana durante la creazione della visual identity della Fondazione. Attraverso la collaborazione con la stamperia di Vittorio Avella sono state create 10 diverse stampe, ciascuna in una tiratura da 10 pezzi, stampate con il torchio a stella. Le foto colgono l’anima, la poesia di Napoli tra graffiti, panni stesi e segnali che attraverso la tecnica dell’acquaforte acquatinta creano un’immagine vivida e allo stesso tempo nostalgica con segni indistinti e soffusi, tali da apparire come una pennellata.

Un’area del Refettorio è infine dedicata alla voce degli artigiani: 12 video realizzati dall’artista Nick Hand che raccontano 12 diverse botteghe artigianali napoletane : immagini e voci che raccontano delle eccellenze che sopravvivono all’industrializzazione, la storia di una manualità guidata dalla passione perchè “l’artigianato va fatto con amore”.

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